“La scuola perduta tra metri, rotelle e banchi tagliati” (Antonella Di Bartolo)

Data: 18/08/2020

da Repubblica-Palermo, 18 agosto 2020 

 

“Ma questa scuola riapre o no?” E’ la domanda che viene posta con insistenza a chi nella scuola ci lavora. Quando capita a me, rispondo “Certo che riapre!”, fingendo una sicurezza che non ho, e tra me e me aggiungo “Almeno dicono…”.
Già, perché così parlò la Ministra Azzolina il 18 luglio a Torino, e così confermò il Presidente Conte.

Il tema è come…
All’indomani del lockdown è partita la Didattica A Distanza, spesso abbraccio a distanza, rassicurazione, conferma; non solo per gli alunni e le alunne, ma anche per i genitori, soprattutto nelle realtà più fragili.
Per un mese il dibattito intorno alla scuola ha riguardato le piattaforme, i dispositivi, la connettività. Perché se è vero che la malattia in genere non fa differenze di condizione economica e sociale, il covid-19 le ha già fatte, e le farà.

La chiusura delle scuole era necessaria, e alla DAD non c’era alternativa; fine della discussione.
Le misure restrittive, insieme all’impegno del SSN, hanno fatto uscire l’Italia dall’incubo, e abbiamo sognato la riapertura delle scuole a settembre.
Ma  negli ultimi mesi cosa è accaduto? I giocatori in campo hanno fatto una sorta di melina istituzionale: sono in partita, ma a corto di fiato, senza schema di gioco e dunque … prendo tempo, spero di riorganizzarmi, confidando nel fatto che il pubblico non fischi. Eh sì, perché sulla riapertura delle scuole si gioca una partita complessa, tra competenze del Miur e dei Comuni, Città Metropolitane, Istituzioni Scolastiche, Ministero dei Trasporti e quello alla Salute, CTS, organizzazioni sindacali, Regioni e assessorati.
Le scuole hanno trascorso giugno e luglio a compilare questionari, misurare aule, richiedere luoghi aggiuntivi, docenti e collaboratori scolastici in più, tra indicazioni incerte e di ondivaga interpretazione. No, non è finita: il 13 agosto arriva un ulteriore questionario con scadenza le ore 12 di lunedì 17! Intanto gli Enti Locali proprietari degli immobili non hanno fatto gli opportuni interventi edili, e non sappiamo di quanto personale disporremo. Spero di sbagliarmi, ma i primi numeri comunicati dalla Ministra non mi entusiasmano: declinati nelle singole scuole, saranno poca cosa. E ad oggi nemmeno l’ombra di banchi monoposto.
Mentre si parla di banchi con rotelle sì/no, questione più triste che appassionante, i giorni passano.
Il Protocollo d’intesa del 6 agosto lascia ancora tanti dubbi, enuncia, promette. Il 13 agosto un vero e proprio coup de théâtre (commedia, nella fattispecie): non occorre il metro di distanza, basta la mascherina. No comment. 

E nelle giornate agostane, l’amara consapevolezza di una colossale ipocrisia: sembra che il covid-19 esista solo quando si varca la soglia di un edificio pubblico, la scuola in primis; a dirla tutta, un luogo in cui ci sia un capro espiatorio che paghi per contagi vari ed eventuali. E tra distanziamento fisico sì/no, metri in mano, rotelle, banchi tagliati e parole in libertà, si rischia di perdere una occasione unica di ripensamento della didattica multidisciplinare e trasversale e, soprattutto, di ripartire dai bambini, dare protagonismo ai loro saperi, ai loro stili di apprendimento, generare confronti e dialoghi, perché l’innovazione legata semplicemente al digitale è ingannevole e insidiosa.
I bambini sono convitati di pietra, sviliti al pari di oggetti da posizionare, pochi, fermi e possibilmente zitti. Accanto alle regole di sicurezza, al distanziamento e i DPI, dobbiamo interrogarci sul modello pedagogico che stiamo veicolando; l’architettura in dialogo con la pedagogia e con l’infanzia può aprire meravigliose opportunità, perché gli spazi, gli arredi, non sono meri contesti di apprendimento, ma innanzitutto luoghi di relazione. Non esistono scelte neutre in pedagogia, e la forma è anche sostanza; le pur necessarie soluzioni di distanziamento veicolano messaggi impliciti potentissimi, e bisogna accompagnare i bambini in una elaborazione, incentrata sul valore del prendersi cura di se stessi e dell’altro, e non sulla paura dell’altro. Per non perdere non un mese di lezione, ma una intera generazione.
Il Recovery Fund, che dovrà essere utilizzato anche per il miglioramento del nostro sistema di istruzione, sia l’occasione per un piano strategico nazionale centrato sull’infanzia e l’adolescenza, premessa e promessa di futuro che si costruisce nell’oggi. L’istruzione e la formazione sono fatti pubblici, e come tali vanno considerati e rilanciati.
Anche se oggi è il 18 agosto, forse siamo ancora in tempo.